Abstract
Nel 1927 René Magritte dipinge L’importance des merveilles, in cui sembra sintetizzare la poetica Surrealista della sommatoria, dell’accumulo, dell’aggiunta interpolandola a quella del non-sense e dell’assurdo. Il quadro richiama allo sguardo dello spettatore il popolare gioco russo della Matrioska: l’artista riduce la figura femminile a una frantumata Venere di Milo, una sorta di bambola astratta, di cui moltiplica i significati di ‘oggetto cavo e abitabile’. Ponendo un corpo di donna dentro l’altro e via di seguito, Magritte rende visibile il tema archetipico dell’inclusione, presente in architettura sin dalle origini. Quasi sessant’anni dopo lo psicologo Elvio Fachinelli elabora l’idea del claustrum come luogo chiuso ma prediletto, in relazione allo spazio psicoanalitico che si instaura fra paziente e terapista. Trasferendole all’ambiente domestico, nelle riflessioni di Fachinelli si ravvisano chiaramente le note rêveries di Gaston Bachelard sulla topofilia ovvero sulla casa quale spazio amato, persino negli angoli più angusti o remoti. Se separazione e raccoglimento possono essere considerati elementi fondativi dell’abitare secondo la lezione di Bachelard e di Gilbert Durand, nella storia della casa sono riconoscibili alcuni dispositivi arredativi affinché ciò si realizzi mediante chiare declinazioni del tema dell’inclusione o del raddoppiamento degli spazi. La bambola nella bambola di memoria magrittiana si trasforma cioè nella stanza nella stanza, recesso topofilico per eccellenza. Il saggio sviluppa questo tema attraverso alcuni paradigmi dell’arredamento domestico, via via più articolati: dal mobile per studiare, al letto a baldacchino, al vano della finestra. Non si tratta solo di artifizi dell’arredamento per moltiplicare gli ambienti o per ricercare una maggiore intimità, quanto di vere poetiche dell’abitare l’interiorità.
In 1927, Rene Magritte painted L’importance des merveilles, in which he appears to depict the surrealist poetics of summation, accumulation and addition, interpolating it with those of non-sense and the absurd. The painting instantly brings to mind the popular Russian Matryoshka Doll: the artist reduces the female figure to a Venus de Milo split in pieces, a sort of abstract doll, which multiples the meanings of ‘hollow and inhabitable object’. Placing a woman’s body inside another and so on, Magritte gives us a visual representation of the archetypal theme of inclusion, an element that has featured in architecture since its very origins. Almost sixty years later, the psychologist Elvio Fachinelli developed the idea of the claustrum as an enclosed, but privileged place, in relation to the psychoanalytical space that is established between the patient and the doctor. Once this concept is transferred to the domestic environment, Fachinelli’s reflections contain clear echoes of the famous rêveries by Gaston Bachelard on topophilia, that is, the house as a beloved place, even the pokiest and most remote corners. While separation and gathering can be considered primary elements of living according to the lessons of Bachelard and Gilbert Durand, over the history of the home, some furnishing devices are recognisable as clear declinations of the theme of inclusion or doubling of space. The Magrittian doll within a doll is thus transformed into the room within a room, the topophilic space par excellence. This essay develops this theme using certain paradigms of domestic furnishing, which become increasingly complex: from study furniture, to the four-poster bed or window opening. These are not merely furnishing artifices intended to multiply rooms or provide greater intimacy, but the true poetics of how to live ‘interiority’.