Abstract
Il carteggio Cirese – de Martino ci offre l’opportunità di valutare in modo critico le motivazioni del contrasto tra i due insigni studiosi; tuttavia, il suo interesse non si ferma a questo livello, poiché esso custodisce documenti – in particolare la lettera di de Martino del 1953 – che illustrano l’evoluzione del pensiero e del metodo di ricerca dello studioso napoletano. La missiva in questione è caratterizzata dalla fusione di due registri: al moto d’intima soddisfazione per aver individuato nella destorificazione rituale la «via maestra» nell’analisi del pianto funebre, si sovrappone la volontà quasi ‘pedagogica’ d’illustrarne i caratteri al giovane interlocutore. È ben nota la reazione di Cirese, ai cui occhi l’appropriazione demartiniana, consistente nella possibilità di estendere alla lamentazione rituale i criteri interpretativi appena forgiati, si configura in termini negativi: essa è avvertita come espropriazione, come annessione indebita del terreno di ricerca al quale da anni si era consacrato e con il quale – presumibilmente – aveva instaurato un rapporto prossimo all’identificazione. Nella parte conclusiva del carteggio Cirese auspica, per ragioni di ‘quieto vivere’, la netta distinzione degli ambiti dei due studiosi (la storia delle religioni; la demologia) che si sono trovati a svolgere il loro magistero nella medesima Università. Traendo spunto da questo dato, siamo indotti, oggi, ad interrogarci sulle ragioni, certamente molto complesse, della scissione della storia delle religioni dalle discipline demo-antropologiche, che ha segnato il dissolvimento del progetto unitario elaborato da R. Pettazzoni, determinando forse, l’impoverimento di entrambi i settori di ricerca.
The Cirese – de Martino correspondence offers the opportunity to critically evaluate the motivations of the contrast between the two distinguished scholars; however, its interest does not stop at this level, since it contains documents – in particular de Martino’s letter of 1953 – which illustrate the evolution of the Neapolitan scholar’s thinking and research method. The letter in question is characterized by the fusion of two registers: the intimate satisfaction for having identified in the ritual destorification the «master road» in the analysis of the funeral lamentation, overlaps with the almost ‘pedagogical’ instinct to illustrate the characteristics of this lamentation to his young interlocutor. The reaction of Cirese is well known: in his eyes the appropriation, by de Martino, of the possibility of extending to the ritual lamentation the interpretative criteria just forged, is configured in negative terms: it is perceived as expropriation, as an illegitimate annexation of the research field to which he had been dedicated for years and with which – presumably – it had established a relationship close to identification. In the concluding part of the correspondence, Cirese hopes, for reasons of ‘quiet living’, the clear distinction between the areas pertaining to each the two scholars (the history of religions, demology) who found themselves carrying out their magisterium in the same University. Reflecting on this fact, we are led today to question the reasons, certainly very complex, of the division of the history of religions from anthropology, which marked the dissolution of the unitary project elaborated by R. Pettazzoni, determining, perhaps, the impoverishment of both disciplines.