Marcella Corsi — Cose brutte di un certo valore. Appunti per una cronologia delle «Scene romane» al Museo di Roma in Trastevere

Abstract

Lo scritto segue le tracce lasciate dai materiali che andarono a comporre le «Scene romane» — scenografie a grandezza naturale rappresentanti aspetti della vita popolare romana dell’Ottocento oggi al «Museo di Roma in Trastevere» — e soprattutto del particolare modo con cui si scelse di mostrarli (la rappresentazione veristica d’ambiente confezionata per esporre oggetti d’uso) dalle Esposizioni del 1911 fino al loro ingresso, il 21 aprile 1930, nel «Museo di Roma», un’istituzione che si configurava come museo della memoria della città. Risalendo all’origine del dibattito tra razionalismo museografico e museografia della suggestione, viene proposta l’ipotesi che nelle esposizioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia — e, in modi sostanzialmente analoghi, in quelle alla fine degli anni ’20 — la ricostruzione scenica di taglio verista, con la sua intenzione di mostrare gli oggetti d’uso nel loro contesto ed insieme di compensarne scenograficamente il poco pregio artistico, abbia dato risposta all’esigenza di una disciplina in formazione come l’Etnografia italiana di definirsi nei propri criteri espositivi, in termini insieme di rigore scientifico e di suggestione estetica.

The author follows, back in time, the footsteps of the material composing the «Roman Scenes» — life-size sceneries representing some aspects of roman popular life in the Nineteenth Century —, which are today part of the «Museo di Roma in Trastevere » collection. In particular, she gives account of the specific and peculiar way they have been displayed (í.e. by means of realistic representations of landscapes, set up as a manner of displaying objects of common use) from the 1911 Exposition until their acquisition — on April 21st, 1930 — by the «Museo di Roma», an Institution intended to represent the city’s memory. Drawing on the origin of the debate between a rationalist and an evocative approach to museography, Marcella Corsi suggests the hypothesis that the veristic reconstruction of scenes set up in occasion of the Fiftieth anniversary of Italian national unity as well as those presented at the end of the Twenties — aiming at showing objects in their original context of use as well as at compensating, through such stage displays, for their scarce artistic value — can be seen as an answer to a need of newly born Italian ethnography: the definition of its expositive criteria, with regard to both scientific rigour and aesthetic impression.