Rossella Ragazzi — Una serie di flash back vérité

Abstract

Parlare o meglio scrivere di Jean Rouch non è cosa facile per la complessità dello studioso e ancor meno lo è in occasione della sua scomparsa quando la certezza per una mancanza avvolge sia i sentimenti che l’orizzonte della riflessione; non è facile parlare di un maestro quale fu, è e sarà Rouch che continuerà ad insegnarci attraverso suoi film, a insegnare a tutti, anche a quelli che non sono stati o non potranno più essere suoi allievi, la fascinazione ma anche il nitore dei suoi film etnografici ma anche di quelli di racconto. Allora per capire un poco quello che fu il suo lavoro fatto anche di un personalissimo carisma, è utile conoscere Jean Rouch attraverso il racconto di alcune sue allieve in particolare allieve italiane che oggi insegnano l’antropologia visiva in università sparse per l’Europa, dunque nei testi di Silvia Paggi e di Rossella Ragazzi, la prima insegna a Nizza l’altra a Trømso. Riccardo Putti invece parla di Rouch attraverso le sue stesse parole dette in un incontro di tanti anni fa, ma ancora di una cogente attualità.

Speaking of, or — better — writing about Jean Rouch is not only hard because of the complexity of his thought, but also because his recent death has caused a sentimental as well as an intellectual longing to pervade our reflections on him. It’s not easy to write about a «master», as he was. It is and it always will be Rouch himself to go on teaching us, through his films. He will continue to teach to his students as well as to people who have not had the chance to be his students. He will teach the fascination joined to the tidiness of his ethnographic films, as well as that of his fictional production. In order to improve our understanding of his work constructed, among other things, on a very personal charisma, we can read what two of his Italian students (Silvia Paggi and Rossella Ragazzi who are now both teachers of visual anthropology, respectively in Nice and Trømso) write about him. Riccardo Putti, then, refers to Rouch’s own words, recalling an encounter with him that took place many years ago but still is of cogent actuality.