Marco D’Aureli e Elena Bachiddu — Nota di edizione

Abstract

Questa intervista a Domenico Agostinelli unifica in forma ridotta un corpus di quattro documenti raccolti e trascritti da Marco D’Aureli per il suo lavoro di tesi, tra la fine dei 2001 e la primavera dei 2002. Nel racconto autobiografico che scaturisce dall’incontro con il museografo si delinea un percorso di vita e di mestieri nel quale per Domenico Agostinelli la passione di raccogliere e di conservare oggetti, fin dalla giovanile attività di venditore ambulante di immagini sacre, conduce «spontaneamente» alla nascita del «Museo della Cultura Popolare e dell’Artigianato Scomparso» di Dragona. Restituire la rappresentazione di un ‘mondo’, del mondo contadino, che per Agostinelli è stato quello delle masserie e dei piccoli paesi abruzzesi della provincia di Teramo, appare l’intento principale del suo pensare e allestire il Museo. Gli oggetti rimandano a pratiche e valori sociali di cui salvare la memoria, portano con sé evoluzioni storiche di forme e funzioni, storie individuali. Con l’usura e la polvere, «la panna del tempo», ma con la presenza vivificante di uomini, piante e ammali, vivrebbe idealmente l’esposizione della «bottega del fabbro» o del «sottoscala del calzolaio», o ancora l’«orto museo» dove le piante della sua infanzia contadina crescono tra vecchi attrezzi agricoli li raccolti. Alla collezione di strumenti della vita contadina s i aggiungono, tra Museo e spazi adiacenti, quelle di antiquariato e modernariato, e quella di reperti naturalistici. La commistione fra generi riflette sovrapposizioni e passaggi di oggetti tra l’attività di museografo e quella di commercio. Esperienze molteplici di conoscenze e interpretazione degli oggetti compongono nel racconto di Agostinelli un amalgama visiva, un insieme di storie e di motivazioni di cui il suo Museo è espressione materiale in continua trasformazione.

This interview with Domenico Agostinelli is the abridged version of four documents collected and transcribed between the end of 2001 and the spring of 2002 by Marco D’Aureli for his dissertation. In the autobiographical tale that emerges from the encounter with the museographer, a picture of a life and trades comes to light. From the time when he was a young travelling salesman of sacred pictures, Domenico Agostinellí’s passion for collecting and keeping objects led «spontaneously» to the creation of the «Museo della Cultura Popolare e dell’Artigianato Scomparso» (the Museum of Popular Culture and Lost Crafts) of Dragona. His main aim in conceiving and setting up the Museum was to revive the representation of a peasant world, which for Agostinelli was that of the tenant farms and the little villages in the province of Teramo (Abruzzo). Objects recall practices and social values whose memory is to be rescued, reflecting in both design and use changes over time and life stories. Agostinelli’s aim is to exhibit the objects with their «wear and tear,, «the patina of time», but also with the living presence of men, plants and animals. His ideal exhibition would be to recreate and bring to life with their craftsmen the «blacksmith’s forge» or the «cobbler’s shop under the stairs», or the «museum kitchen garden» where the plants of his peasant infancy grow alongside old farm implements. In the area surrounding the Museum, antiques and artefacts from the 20th century, as well as natural specimens accompany the collection of tools used by peasant farmers. The miscellany of items in his collection mirrors the overlapping of his activity as a museographer and as a salesman. Agostinelli’s wide experience as a collector and his intimate knowledge of objects create in his account a kaleidoscopic image for the reader, and a set of stories of which the Museum is the constantly changing material expression.