Elena Bachiddu — Nota di edizione

Abstract

Le tre interviste qui raccolte propongono, in continuità tematica e storica con gli scritti di questo volume dedicato agli stages di ricerca ad Armungia 1998-2000, le testimonianze e i racconti di vita di Antonietta Casu (Nenetta) e Giovanna Serri. Le due donne depositarie locali della vita ‘domestica’ di casa Lussu tra Armungia e Roma, intessono nei loro racconti i loro personali percorsi di vita e la testimonianza di eventi pubblici e privati condivisi con Emilio Lussu, Joyce Salvadori Lussu e Giovanni Lussu. In uno stretto intreccio di vita quotidiana e scenari storici, tra pratiche domestiche e del lavoro contadino nell’antica casa della famiglia Lussu ad Armungia, e lavoro domestico urbano nella casa di Roma dove i Lussu si trasferirono dopo la guerra, si compongono queste narrazioni femminili legate da reciproci rimandi e luoghi condivisi. Nella prima intervista a Nenetta Casu condotta da Pietro Clemente durante una visita collettiva a casa Lussu – siamo nel 1998 primo dei tre anni del progetto di apprendimento alla ricerca della prima cattedra di Antropologia Culturale dell’Università la Sapienza di Roma – e in un dialogo ‘guidato’ dalla conoscenza di vecchia data e dalla familiarità acquisita tra i due interlocutori dal tempo dell’amicizia e della politica attiva condivisa da Clemente con la famiglia Lussu, vengono tracciate le linee principali della vita di Nenetta. Esse intersecano memorie e luoghi condivisi dai due, e ruotano attorno al monumento che la casa rappresenta, alle storie che ha racchiuso e da cui è nata l’idea stessa dello stage. Nenetta Casu aveva 26 anni nel ’45 quando è partita da Armungia al seguito di Joyce Salvadori e Emilio Lussu per andare a lavorare in casa loro, e a crescere Giuannicu Lussu, iniziando cosi la sua carriera di “vice madre barbaricina”. Prima a Cagliari, poi nelle Marche, infine a Roma dove è rimasta per trent’anni, fino alla morte di Lussu e al ritorno nella casa di Armungia, dove egli aveva voluto che rimanesse uno spazio di vita anche per lei e Giovanna Serri. La seconda intervista a Nenetta Casu raccolta da Elena Bachiddu e da Alessia Andreozzi nello stesso periodo, tenta di ritagliare un racconto pin personale, dall’infanzia alle relazioni con il mondo maschile, si aprono alcuni scorci della vita intima della testimone. L’ultima intervista presenta i racconti di Giovanna Serri raccolti da Elena Bachiddu. In essi le figure di Joyce e Emilio Lussu ci vengono riproposte da ulteriori angolazioni. Dagli episodi armungesi dei ritorni e della gestione delle proprietà e dei terreni da parte di Zio Emilio, agli episodi nella sua famiglia di origine – la nascita, l’addestramento tradizionale alla caccia, la formazione di studio – fino all’incontro di Joyce Salvadori con le tradizioni sarde. Giovanna Serri nel settembre del ’44, all’età di diciotto anni, ha iniziato a lavorare nella casa di Cannedu (il rione di Armungia dove si trova la proprietà dei Lussu). Fidanzata allora, e di il a poco sposa, di un nipote di Emilio mezzadro presso la famiglia Lussu, per cinquant’anni ha conservato quelle mura e quegli ambienti secondo il volere di Emilio prima, e di Giovanni Lussu poi. Ma nel suo ricordare a voce, dentro e accanto a queste vite ‘celebri’ scorre la traccia personale della storia di Giovanna Serri. Il suo matrimonio, le maternità, la sua passione per il telaio, le sue abilità nella manutenzione tradizionale degli spazi domestici, fino, in chiusura, ai ricordi più lontani dell’infanzia.

The three interviews presented here propose – in thematic and historical coherence with the writings published in this volume, dedicated to field research training at Armungia (1998-2000) – the testimonies and the life accounts of Antonietta Casu (Nenetta) and Giovanna Serri. The two women, who are the local depositaries of the ‘domestic’ life in the home of the Lussu family between Rome and Armungia, weave, in their narrations, their own personal life paths and the testimony of public and private events they shared with Emilio Lussu, Joyce Salvadori Lussu and Giovanni Lussu. These feminine accounts – linked by reciprocal references and shared places – are composed of closely intertwined accounts of daily life and historical scenarios, between domestic practices and farming chores in the ancient house of the Lussu family in Armungia, and the urban domestic work in the house of Rome – where the Lussus moved after World War II. In the first interview with Nenetta Casu – led by Pietro Clemente during a group visit to the house of the Lussu family, in 1998 (the first year of a three-year project for the training in field research that was part of a Cultural Anthropology course at the University “La Sapienza” of Rome) -, and in a dialogue ‘guided’ by the long-standing acquaintance and the familiarity the two interlocutors have acquired through time, friendship, and political action shared by Clemente and the Lussu family, Nenetta’s main life paths are traced. They intersect memories and places the two shared, and they revolve around the monument that the house represents, the stories contained in the house, where the same idea of the training project was born. Nenetta Casu was 26 in 1945, when she left Armungia following Joyce Salvadori and Emilio Lussu to go work in their house and raise Giuannicu Lussu, thus beginning her career as “vice-mother barbaricina”. First, to Cagliari, then to the Marche region, and, finally, to Rome, where she lived for thirty years, until Lussu died and she returned to the house in Armungia, where he had wished she and Giovanna Serri would find a place to live. The second interview with Nenetta Casu – collected by Elena Bachiddu and Alessia Andreozzi in the same period – aims at identifying a more personal account, from childhood to the relations with the masculine world. Here, the testimony gives some accounts of her intimate life. The last interview presents Giovanna Serri’s narrations, collected by Elena Bachiddu. Here, we see Joyce’s and Emilio Lussu’s characters from other angles. From Armungia’s anecdotes about their coming back and about the managing of properties and lands by Zio Emilio, to events of his life – the birth, the traditional training as a hunter, the academic training – up to Joyce Salvadori’s encounter with Sardinian traditions. In September 1944, when Giovanna Serri was eighteen years old, she began working in the house of Cannedu (the area of Armungia that comprises the Lussu’s property). She was then the fiancé (soon to be wife) of a nephew of Emilio who worked as a sharecropper with the Lussu family. For fifty years, she has preserved those walls and those environments: first, as Emilio thought best, and then, as Giovanni Lussu wished. In her speaking of memories, however, inside and around these ‘famous’ lives runs the personal trace of the story of Giovanna Serri: her marriage, her motherhood, her passion for the loom, her abilities in the traditional maintenance of domestic spaces, up to, finally, the farthest memories of her childhood.