Emanuela Rossi — L’addomesticamento di collezioni selvagge: note su processi di patrimonializzazione in corso

Abstract

Il testo è costruito giustapponendo due interviste a collezionisti toscani raccolte in periodi diversi. La prima, realizzata presso l’Abbazia di Farneta nel comune di Cortona in Valdichiana nel 1999, vede protagonista don Sante Felici, scomparso qualche anno fa; la seconda Giuseppe Antonelli intervistato la scorsa estate nel settembre 2006 all’interno del Museo della Cultura contadina che ha creato a Casore del Monte nel comune di Marliana sulla montagna pistoiese. L’idea di riunire in un testo queste interviste è nata dall’avere constatato una somiglianza nella natura delle due collezioni, che si presentano come un insieme di oggetti che appartengono a campi tassonomici ed a periodi storici molto diversi: animali, fossili, minerali, oggetti del lavoro contadino, monete etc. e dallo stare subendo un processo di ‘addomesticamento’. L’addomesticamento cui faccio riferimento si configura come un ulteriore processo di patrimonializzazione (ulteriore rispetto a quello operato in principio dai collezionisti stessi) che potremmo definire dall”alto’, per opera cioè di amministrazioni locali e strutture universitarie. Così l’uso di sistemi standardizzati di catalogazione degli oggetti o la sistemazione delle collezioni in nuovi edifici secondo estetiche e criteri diversi da quelli pensati dai raccoglitori e così via andrebbero lette in questa direzione.

The essay is based on the comparison between two interviews to local Tuscany collectors, which took place on two different occasions. The first conversation occurred in 1999, in the Farneta Abbey, in Cortona in Valdichiana, and its protagonist is don Sante Felici, who passed away a few years ago. The other interview, with Giuseppe Antonelli, took place last summer (September 2006), in the Museo della cultura Contadina Giuseppe created in Casore del Monte, in the municipality of Marliana, in the mountains around Pistoia. The two interviews were juxtaposed because the two protagonists’ collections share a similar nature: they both appear as assortments of objects belonging to a variety of different taxonomic fields and historical phases: animals, fossils, minerals, peasant work tools, coins, and so on. They also seem to be subjected to a “taming” process. The taming I refer to takes the shape of a later development of a process leading to the construction of a patrimony (later in the sense that it follows the actions in the same direction taken by the collectors in the first place). We could refer to this later phase as coming “from the top”, i.e. through the actions of local administrators and University structures. So, we can read in this light the use of standardized systems for the objects’ classification or the moving of the collections to new locations (where they meet esthetics and criteria that are different form those of the collectors), and so on.