Fabio Dei — Un museo di frammenti. Ripensare la rivoluzione gramsciana negli studi folklorici

Abstract

Prendendo spunto dall’analisi che Boninelli conduce in Frammenti indigesti, Dei propone una lettura critica dello sviluppo dell’antropologia italiana dal secondo dopoguerra, enuclea alcuni problemi lasciati aperti, dai quali la riflessione contemporanea non può fare a meno di ripartire. Le «Osservazioni sul ‘Folclore’» presenti nei gramsciani Quaderni del carcere e la lettura critica fattane da A.M. Cirese sono state la base sia di quel dibattito avviato in Italia negli anni 1970-’80 sia della ‘rivoluzione demologica’ che da lì prende avvio. Per l’autore, la demologia italiana si è arenata di fronte ai mutamenti storici che investivano il Paese proprio negli stessi anni in cui quel dibattito si sviluppava: l’essersi concentrata sullo studio del mondo contadino e non avere aperto ad altre istanze, è un po’ l’avere travisato le indicazioni gramsciane. ‘Demarcare l’oggetto’, isolandolo dal contesto culturale più ampio, è stato ritornare alle indicazioni della vecchia tradizione di studi verso la quale Gramsci era decisamente contrario. Più opportuno sarebbe stato indagare i nuovi sviluppi della società italiana che da contadina si trasformava in industriale. La società multiculturale apre ora ulteriori terreni d’indagine.

Referring to the analysis that Boninelli conducts in Frammenti indigesti, DEI proposed a critical reading of the development of Italian anthropology since the second postwar period. He referred to some issues that are still unresolved, and from which contemporary anthropology needs to pick up. The «Observations on ‘Folklore’» published in Gramsci’s Quaderni dal carcere [Prison Notebooks], and the critical reading A.M. Cirese made of them, have been the basis for both the Italian debate originated in 1970-80, and for the ‘folkloric revolution’ that then aroused. For Dei, Italian folk studies have stranded in the face of historical changes that were investing the Country in those same years when the debate developed: having concentrated on the study of peasant world, and not having opened to other instances, partly signified a distortion of Gramsci’s indications. To ‘demarcate the object’, isolating it for its larger cultural context, meant going back to the indications of the old tradition of studies that Gramsci firmly opposed. It would have been more appropriate to investigate the new developments of the Italian society that, from peasant, was turning industrial. Multicultural society now opens new research fields.