Sandra Ferracuti — L’Europa e ‘gli altri’. Cittadinanza e diversità culturale a partire dalle Convenzioni del Consiglio d’Europa

Abstract

A partire da alcuni documenti di argomento patrimoniale prodotti dal Consiglio d’Europa, l’autrice esplora i meccanismi attraverso i quali un discorso globale sulla differenza culturale – del quale cruciale protagonista è l’UNESCO – si articola nelle dinamiche della diplomazia internazionale sul versante delle politiche di integrazione. Nell’ottobre del 2005, con la Framework Convention on the Value of Cultural Heritage for Society, il Consiglio d’Europa introduce il concetto di «heritage community», spostando così l’attenzione dal valore del patrimonio – nazionale ed europeo – ‘in sé’, ai valori che i diversi gruppi che compongono la «società civile» assegnano a specifici oggetti culturali. In questa convenzione – in attesa di ratifica –, l’accesso al patrimonio si configura come elemento di «partecipazione democratica»: parte integrante del ‘pacchetto’ dei diritti del cittadino delle democrazie europee. Il ‘bagaglio’ di valori – materiali ed immateriali – che ‘altri’ hanno portato con sé in Europa, nel loro farsi cittadini europei contribuisce così alla produzione di nuove definizioni della nozione stessa di patrimonio europeo. L’ambito delle politiche internazionali sul patrimonio culturale si conferma come luogo di osservazione cruciale per l’antropologo contemporaneo, impegnato a districarsi tra un ruolo di ‘esperto’, quello di etnografo e quello di attore di politiche patrimoniali.

Official documents on European cultural heritage produced by the Council of Europe guide the author into a reflection on the mechanisms through which a global discourse on cultural difference – where UNESCO is a main actor – enters the dynamics of international diplomacy, with respect to the integration of the cultures of immigrants into the European context. In October, 2005, the Framework Convention on the Value of Cultural Heritage for Society introduced the concept of “heritage community”, thus redirecting the focus of European policymaking from the value of national and European heritage ‘per se’, to the values that the various groups composing «civil society» assign to specific cultural objects. In this document – yet to be ratified –, access to heritage appears as a sign of «democratic participation»: as an integral feature of the ‘kit’ of rights granted to the citizen of European democracies. As they turn into European citizens, the load of tangible and intangible values that ‘others’ have brought with them to Europe appears to be given the space to contribute to the shaping of new definitions of European heritage itself. That of international policies on cultural heritage is confirmed as a crucial context for contemporary anthropologists to enquire into, as they are also frequently seen acting multiple roles in its frame: one of ‘experts’, the more familiar role of ethnographers, and also one of actors of heritage policies themselves.