Francesco Vacchiano — Discipline della scarsità e del sospetto: rifugiati e accoglienza nel regime di frontiera

Abstract

Il presente contributo vuole interrogare lo slittamento progressivo, constatato nel corso degli ultimi dieci anni, negli atteggiamenti e nelle disposizioni degli operatori dell’accoglienza e degli attori istituzionali rispetto ai rifugiati e richiedenti asilo utenti di programmi di accoglienza e inserimento sociale in Italia. A una generica attitudine iniziale di tipo prevalentemente oblativo, si è andata spesso sostituendo una modalità informata da atteggiamenti di diffidenza e sospetto nei confronti degli ‘utenti’. In questo quadro, il tema del discernimento e della selezione del ‘vero’ rifugiato si è spesso esteso dall’ambito puramente burocratico (l’esame presso la Commissione Territoriale) alla pratica quotidiana dei tecnici dell’accoglienza. L’analisi qui proposta tenta di definire uno sfondo generale all’interno del quale leggere la trasformazione degli atteggiamenti comuni di operatori di accoglienza e di appoggio e dei loro referenti istituzionali. L’ipotesi che formuliamo è che la nuova configurazione derivi dall’influenza di una nuova economia morale dell’intervento, definita all’interno del processo di costruzione della frontiera contemporanea e delle sue categorie performative a livello di diritti e di cittadinanza.

The present contribution is aimed at analyzing the progressive shift, observed during the last ten years, in the attitudes and dispositions of the social and institutional actors involved in reception programmes for asylum seekers and refugees. In particular, the initial generically ‘compassionate’ posture towards users has been substituted by a new mode of feeling informed by diffidence and suspect. In this framework, the recognition and the selection of the ‘true’ refugee has become a central issue not only in the bureaucratic sphere (namely the first instance Refugee Board), but also in the daily practices of reception. The analysis I propose tries to sketch a general background for interpreting this transformation of position. In particular, I suggest the hypothesis that this new configuration is influenced by a new moral economy of intervention, defined through the construction of a contemporary ‘border regime’ and through its performative categories influencing ideas of rights and citizenship.