Abstract
Fu l’opinione di Giorgio Baratta che, quando le società occidentali, in particolare quelle europee, furono colpite dalle grandi crisi degli anni Settanta (fine del consenso post-bellico e del keynesianesimo come allora concepito e praticato), la sinistra britannica si trovava in una posizione vantaggiosa rispetto di altre sinistre per fronteggiare i nuovi problemi posti dalla crescita del liberismo e il suo aspetto nazionale, il thatcherismo. Scopo dell’articolo è la ricostruzione, in modo sommario, di alcuni fattori chiave nello sviluppo del dibattito intellettuale di tale periodo. Vi è compresa la discussione dei cambiamenti che avevano luogo sia nella composizione sociologica della classi popolari, specialmente nella classe operaia, tradizionalmente intesa, sia nella struttura economica della società nazionale, la quale si stava spostando sempre di più verso il terziario avanzato, a scapito della tradizionale base industriale del Paese. Tali sviluppi modificarono la natura della politica in Gran Bretagna. Pertanto, capirli è essenziale alla comprensione delle posizioni adottate dai più importanti partecipanti al dibattito stesso. I due principali protagonisti del dibattito sono Stuart Hall, per quanto riguarda le modifiche culturali ed etniche all’interno delle classi popolari, ed Eric Hobsbawm, per un approccio complementare a quella di Hall ma, al tempo stesso, forse “più classicamente marxista”. Segno del grande acume di Giorgio fu la sua capacità di individuare questi due intellettuali come figure essenziali da intervistare e, assieme ad altri, farli conoscere meglio al pubblico italiano. Nel presente articolo si dà anche un’indicazione di alcuni pericoli contenuti nei contributi al dibattito, caratteristici soprattutto di diversi rappresentanti della generazione più giovane di intellettuali. Questi ultimi, fin troppo acritici nei confronti di alcuni aspetti dell’ideologia liberista, successivamente diedero luogo agli aspetti negativi, che ben conosciamo, dei governi “new labour” di Tony Blair e di Gordon Brown.
It was Giorgio Baratta’s opinion that, when the big crisis that struck Western European society in the 1970s, with the collapse of the post-war consensus on the welfare state and of Keynesianism as then practised, the British left was culturally better equipped than its European counterparts to deal with the rise of neo-liberalism and hence, for example, able to give a convincing reading of Thatcherism. This article attempts to reconstruct, albeit schematically, some of the key factors in the background to the intellectual debate of that period. Included in the article is a discussion of the changes then going on both in the sociological composition of the popular classes, the “traditional” working class in particular, and in the economic structure of British society, with its growing emphasis on the advanced tertiary sector at the expense of the country’s traditional industrial base. These developments changed the nature of politics in Britain and consequently have to be taken into consideration for a critical understanding of the positions adopted by key participants in the debate. The two people who stand out in particular here are Stuart Hall, specifically in regard to cultural and ethnic changes, and Eric Hobsbawm, as regards a complementary but perhaps more classical Marxist approach; both of these intellectuals were subsequently singled out, interviewed by Giorgio himself who, together with others, helped give them a wider audience in Italy. An indication in the present article is also given of dangers inherent in some stances taken, especially by certain representatives of a younger generation of intellectuals. In the view of the author of this article, this younger generation was at times insufficiently critical of a number of aspects of neo-liberal ideology, weaknesses that then emerged as the well-known negative side to the “new labour” governments of Tony Blair and Gordon Brown.