Federico Scarpelli — Sopravvivere in mondi inospitali

Abstract

Nell’ultimo libro di Ulf Hannerz, Il mondo dell’antropologia, il futuro della disciplina appare incerto, sia all’interno di un’accademia ormai dominata da molto discutibili criteri di valutazione della ricerca, sia in una sfera pubblica nella quale l’antropologia risulta meno forte e riconoscibile di un tempo. Preoccupazioni in qualche misura analoghe si ritrovano nei contributi di alcuni autorevoli studiosi italiani, chiamando in causa anche le peculiarità di una comunità scientifica nazionale qualche volta accusata di provincialismo, e la complessità dei rapporti fra Völkerkunde e Volkskunde. Ci si potrebbe chiedere se, per immaginare il futuro, sia sufficiente richiamarsi allo strumento professionale dell’etnografia o a una presunta attitudine cosmopolita della disciplina. E se il lavorio teorico intorno alla nozione di cultura non si riveli importante anche per comunicare all’esterno della comunità degli specialisti.

In his most recent book, Anthropology’s World, Ulf Hannerz pointed to the uncertain future of the discipline, in both an academic world affected by questionable research evaluation criteria, and a public sphere where anthropology’s voice seems feeble and less recognisable than before. We find similar concerns in some essays by eminent Italian scholars, referring also to the peculiarities of a national scientific community sometimes accused of being too parochial, and to the relations between Völkerkunde and Volkskunde. We may wonder whether could be sufficient, looking forward to anthropology’s future, to refer to ethnographic competence and to an alleged cosmopolitan inclination. Or if it is likely that theoretical work on the concept of culture might prove to be valuable even to reach a non-anthropological audience.