Abstract
Il saggio, già edito in una prima versione nel 2009, riflette sulla prima esperienza di stage etnografico realizzato tra il 1981 e il 1982 con le Università di Siena e di Aix en Provence a Praly, nella Valgermanasca. A distanza di un trentennio l’autore ritorna sugli oggetti di ricerca indagati dagli studenti, che allora avevano familiarizzato con un territorio montano, plurilingue e caratterizzato dalla presenza di una radicata comunità valdese. In particolar modo Clemente si sofferma sul lavoro di rilevazione e di analisi della barbuira, un canto di questua studiato con la collaborazione della allora laureanda Nevia Grazzini e rilevato in una fase di sostanziale decadenza. Attraverso le interpretazioni di allora la barbuira diviene il veicolo attraverso il quale riflettere sul cambiamento dei modi, dei tempi e delle forme e dei linguaggi della ricerca antropologica, sulle sue rivoluzioni paradigmatiche come sui suoi tempi lunghi.
This essay (previously published in a different version in 2009) is a second thought discussion of an early fieldwork experience, carried out in 1982-82 in Praly by a team of researchers and students from the Universities of Siena and Aix-enProvence. Praly is a village of Val Germanasca – an Alpine valley of Piemonte characterized by a mountain agricoluture, plurilingualism and a deeply rooted valdois religion. In particular, the authour deals with a specific ethnographic object: the barbuira, a traditional ritual song which in the 1980s was almost abandoned and forgotten. Recalling the interpretions emerged during the fieldwork, the barbuira becomes a way to reflect on recent changes of anthropological research – its practical forms, its languages, its paradigmatic revolutions.