Abstract
Cercare di conservare l’insegnamento e le istituzioni di ricerca di ciò che si dice folklore pare meno importante di una transdisciplinarità dei suoi temi usuali e nuovi, di una contaminazione della tradizione demologica con tradizioni di studi e sensibilità diverse, a cominciare da quella che chiamiamo antropologia o etnologia variamente aggettivate. Eppure, quando per capire il mondo si cerchi di rifarsi al coesistere variamente conflittuale di culture egemoniche e culture subalterne, allora si può riusare anche da noi uno strumento potente di analisi che in molta parte del mondo, non solo terzo e quarto, si usa tutt’oggi come un orizzonte teorico, metodologico e pratico potente e aggiornato, come è il caso del fenomeno mondiale dei subaltern studies, dei cultural studies, dei postcolonial studies, che fanno usi anche insoliti e imprevisti dell’approccio gramsciano allo studio dell’egemonia e della subalternità.
Maintaining the teaching and research institutions of what we used to call folklore studies seems less important than a transdisciplinarity of its themes and problems and less important than a contamination of traditional folkloric traditions of study and attitudes with what we call anthropology or ethnology. When we try to understand the conflict of variously hegemonic and subaltern cultures, then we can also reuse a powerful tool of analysis, which is used all over the world, as is the case of the worldwide phenomenon of subaltern studies, cultural studies, postcolonial studies, which are creative in the study of hegemony and subordination started by Antonio Gramsci and later reinterpreted by Alberto Mario Cirese.