Giovanni Cordova — Da Gramsci alla Tunisia post-rivoluzionaria: alcune prospettive per lo studio del potere e della subalternità

Abstract

Benché il pensiero di Antonio Gramsci abbia costituito il fulcro della demologia italiana, la fecondità della sua riflessione è stata ampiamente recepita anche da altri indirizzi di studio e di ricerca, specie nei paesi anglofoni. Nel campo delle discipline etnoantropologiche, il concetto gramsciano di ‘cultura’, tematizzata nel suo rapporto intimo e mutevole con la forma di ‘classe’, ne consente una rigenerazione quanto mai necessaria per rendere conto della complessità politica, sociale, culturale della contemporaneità. A partire dalla mia ricerca di dottorato in corso, intendo rendere conto dell’incontro, tanto necessario quanto prolifico, tra orientamenti e ambiti disciplinari la cui pur comune matrice antropologica non sempre è stata garanzia di reciprocità e comunicazione. Così, se lo studio degli universi giovanili subalterni nella Tunisia post-rivoluzionaria non può non attingere alla lezione di Gramsci, facendo propria la suggestione di uno studio dei dislivelli interni di cultura in contesti extraeuropei, allo stesso tempo deve considerare gli apporti della più recente antropologia dello Stato e delle istituzioni, in grado di etnografare la pervasività del potere nei campi più disparati della vita sociale e culturale, rendendo ugualmente conto delle negoziazione creativa che gli attori sociali imbastiscono con esso. In questo modo, l’attenzione alla struttura e alle forme sociali che la sociologia maghrebina di ispirazione durkheimiana ha sempre condiviso con l’antropologia di stampo struttural-funzionalista può aprirsi, sulla scorta degli studi di genere e post-coloniali, alla dimensione della soggettività, compresa quella del ricercatore, il cui posizionamento è stato problematizzato nella stagione antropologica della riflessività. La fruttuosa combinazione di tradizioni e indirizzi di studio italiani e no, recenti come più consolidati, non può che condurre a una maggiore consapevolezza della pluralità di sguardi e prospettive cui lo sforzo di comprensione antropologica della realtà possa felicemente ricorrere.

Even though Antonio Gramsci’s thought represents the core of Italian demology, other study and research traditions have adopted his fruitful reflection as their own, especially in Great Britain and the United States. Concerning ethno-anthropological sciences, Gramsci’s concept of ‘culture’, considered through its fluid and intimate relation to the category of ‘class’, allow them to regenerate, in order to rethink the contemporary political, social and cultural complexity. On the basis of an ongoing doctoral research, I’ll try to account for the necessary and prolific encounter between scientific fields and approaches whose common anthropological characteristics have not always guaranteed reciprocity and communication. The focus on the young subaltern cultural worlds in post-revolutionary Tunisia shouldn’t overlook Gramsci’s lesson, aiming to apply the study of the internal cultural gaps to non-Europeans contexts. Nevertheless, it should consider at the same time the most recent contributions of the anthropology of the State and institutions, able to draw the pervasiveness of power in several dimensions of social and cultural life, as well as the creative negotiations that social actors make with it. By doing so, the attention to the structure and the social forms that the Maghreb sociology has always shared with the structural functionalist anthropology may open up, as the gender and post-colonial studies did, to the dimension of reflexivity, including the one of the researcher, whose placing has been rethought during the anthropological season of reflexivity. The successful combination of recent as well as established Italian and foreign traditions and approaches of study, may enable us to be more conscious of the variety of perspectives called upon to achieve an anthropological understanding of reality.