Abstract
L’antropologia, come molte scienze umane, fonda la riflessività del proprio sapere sulla capacità di sviluppare una vigilanza critica. Parlare di ‘critica’, tuttavia, non vuol dire riuscire immediatamente a riconoscersi in una scuola o in un approccio specifico. Negli ultimi anni, il dibattitto intorno alla ‘postura critica’ dell’antropologia si è mosso in varie direzioni, mentre i vari studiosi cercavano un appoggio teorico in tradizioni filosofiche e sociologiche eterogenee. Sono critici i marxisti, i foucaultiani, gli agambeniani; sono critici gli studi post-coloniali e i cultural studies. Altri ancora, tuttavia, hanno voluto suggerire che la forza critica dell’antropologia risiede primariamente nel suo metodo, che produce descrizioni articolate dei mondi sociali e, in questo modo, ne comprende e ne interpreta la ‘grana sottile’. Tra i pensatori che maggiormente hanno seguito quest’ultima strada, Didier Fassin è quello che, forse, prima di tutti è riuscito a poggiarsi su una letteratura complessa e vasta – quella foucaultiana – e riproporre, in modo quanto mai attuale i nuclei essenziali di una nuova forma di criticismo ispirata dal filosofo francese. Questo saggio tratta delle poste in gioco di questo approccio, analizzando i trascendentali della nostra disciplina: la problematizzazione e la denaturalizzazione degli oggetti sociali.
Anthropology, like many human sciences, bases the reflexivity of one’s knowledge on the ability to develop critical vigilance. Speaking of ‘critique’, however, does not mean automatically subscribing to a specific school or a specific approach. In recent years, the debate surrounding the ‘critical posture’ of anthropology has moved in various directions, while the various scholars sought theoretical support in heterogeneous philosophical and sociological traditions. Marxists, Foucauldians, Agambenians are ‘critical’; post-colonial studies and cultural studies are ‘critical’. Others, however, wanted to suggest that the critical force of anthropology lies primarily in its method, which produces articulated descriptions of the social worlds and, in this way, understands and interprets its ‘fine grain’. Among the thinkers who have followed this last path, Didier Fassin is the one that perhaps, more than anyone, has been able to lean on a complex and vast literature – the Foucauldian one – and re-propose, in a very modern way, the essential core of a new form of ‘critique’ inspired by the French philosopher. This essay deals with the stakes of this approach, and analyses the transcendental aspects of our discip-line: the problematisation and the denaturalization of social objects.