Abstract
L’articolo propone una lettura politica delle pratiche rituali della comunità induista mauriziana a Palermo. Il rapporto devozionale dei migranti induisti con Santa Rosalia costituisce una forma di rivendicazione del diritto al miracolo, ovvero della riformulazione del contatto con il divino nella diaspora. La santa patrona costituisce un necessario tramite per l’inclusione dei migranti e delle loro divinità nello spazio pubblico palermitano e per l’allestimento di luoghi di culto induisti. La partecipazione al pellegrinaggio conferisce ai migranti un ruolo meno marginale di quello di lavoratori domestici stranieri che prevale nel resto delle interazioni con la città. Il carattere trasformativo della nuova devozione si manifesta altresì nelle inedite sinergie salvifiche tra Santa Rosalia e le divinità induiste, che accompagnano il processo di appaesamento dei migranti. Tuttavia, la partecipazione politica dei mauriziani resta confinata nello spazio sacro, come si evince dall’uso strumentale del dialogo religioso da parte delle istituzioni locali nell’ambito della ritualità spettacolare del festino.
The article proposes a political reading of the ritual practices of the Mauritian Hindu community in Palermo. Through the devotional relationship with Santa Rosalia, Hindu migrants claim their right to miracles, reformulating their access to salvific energies in the diaspora. The patron saint constitutes a necessary means for the inclusion of migrants and their divinities in Palermo public space and for the creation of Hindu places of worship. Participating in the pilgrimage, migrants are acknowledged as local devotees rather than being categorized solely as foreign domestic workers, as it occurs in any other everyday social interaction within the urban space. The transformative character of the new devotion is also manifested in the original salvific synergies between Santa Rosalia and the Hindu divinities assisting the migrants during the process of place-making. However, the political participation of Mauritians remains confined to the sacred space, as can be seen in the way local institutions use interreligious dialogue only instrumentally in the spectacular ritual frame of the festino.